L'oceano di plastica. La lotta per salvare il mare dai rifiuti della nostra civiltà by Charles Moore Cassandra Phillips

L'oceano di plastica. La lotta per salvare il mare dai rifiuti della nostra civiltà by Charles Moore Cassandra Phillips

autore:Charles Moore, Cassandra Phillips
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2020-08-14T16:00:00+00:00


11.

La rete strappata

Estate 2002. Non è certo come prenotare una gita all’isola di Maui. La procedura per ottenere il permesso di accesso alle isole hawaiane nordoccidentali, un’area ecologica delicata, è tortuosa e i costi sono alti. Ma adesso l’Alguita è ancorata nei pressi di un atollo, nel mezzo della laguna scintillante, circondata da 30 chilometri di barriera corallina e spiagge bianche. In effetti non è un posto così riparato. Abbiamo dovuto assicurare il catamarano legandolo a una decrepita diga marittima di metallo, costruita durante la Seconda guerra mondiale per sostenere una via di fuga artificiale. Qui le correnti sono imprevedibili e forti, capaci di spingerci facilmente sulla barriera corallina. Sentiamo il piccolo aereo che porterà Curtis Ebbesmeyer e Jim Ingraham in questo atollo, chiamato French Frigate Shoals (che significa banchi di sabbia della fregata francese), che si trova a 570 miglia a nordovest di Honolulu. I due oceanografi sono in pensione, ma continuano a darsi da fare come se non lo fossero.

È un posto interessante questo French Frigate Shoals, sembra più un profondo cratere vuoto, largo 50 chilometri, che un atollo da cartolina con le palme e le spiagge bianche. L’area complessiva, che si estende lungo dodici spiagge, misura solo un quarto di chilometro quadrato, ma la laguna è la più grande della catena di isole e si allunga per più di 500 chilometri quadrati. Fu lo stesso Darwin a dare una descrizione dell’origine degli atolli: un’isola vulcanica gradualmente sprofonda in mare mentre le barriere coralline circostanti cominciano a innalzarsi. I coralli smettono di crescere nel cosiddetto punto di Darwin, dove le acque dell’oceano diventano troppo fredde per loro. Lo strano nome dell’atollo deriva dalla vicenda di un esploratore francese del xviii secolo, il conte di La Perouse, le cui due fregate, in una scura notte del 1786, si erano schiantate contro la scogliera nascosta tra le onde, un equivalente marino delle mine di terra. Dati i nostri sforzi per fronteggiare queste correnti e le raffiche di vento che soffiano a 20 nodi, non ne sono affatto sorpreso. Non aiuta che le carte elettroniche della zona localizzino la nostra posizione quando siamo già ormeggiati.

L’atollo più grande, Tern Island, è sostanzialmente artificiale, un promontorio allargato dal dragaggio e dai riempimenti di sabbia effettuati durante la Seconda guerra mondiale. Come forma assomiglia al ponte di una portaerei. Ospita una delle due piste di atterraggio presenti nelle isole delle Hawaii nordoccidentali; l’altra si trova a Midway, a 800 chilometri di distanza da qui. La pista corre per più di 100.000 metri quadrati lungo il crinale centrale dell’isola, a 2 metri di altezza. Vicino alla pista di atterraggio c’è una vecchia stazione della guardia costiera, ormai in disuso, che ospita tutto l’anno due addetti del fws che hanno il compito di preservare tutte le specie esotiche protette presenti sull’atollo. La stazione servirà da base logistica per i due oceanografi nel corso di due notti. Un bacino raccoglie l’acqua piovana. La vegetazione è scarsa. Questo è un ambiente per lo più acquatico, non terrestre, dove la vita pullula sotto la superficie del mare.



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